Guerra e ambiente

Le ricadute delle guerre su persone, animali e ambiente

Immaginate che il Lago Maggiore riversi nella Pianura Padana metà delle sue acque.
Un’onda trecento volte più grande di quella del disastro del Vajont che spazza via 80 città, affoga un’area di foreste grande come Torino, Milano, Bologna, Firenze e Napoli e sversa 150 tonnellate di lubrificanti industriali tossici.
(da La Nuova Ecologia, mensile di Legambiente – Febbraio 2024)

Kakhovka Hydroelectric Power Plant damaged 3 - UNCG

Molte aree protette ricche di biodiversità sono compromesse.
È ciò che è successo il 6 giugno 2023 in Ucraina quando i russi hanno fatto saltare la diga di Kakhovka sul Dnepr (il quarto fiume d’Europa per lunghezza, 2.200 km, che attraversa le città di Dnipro, Kiev, Zaporizzja, Cherson e molte altre).
Come ogni guerra, anche questa alle porte dell’UE avrà una coda lunga di inquinamento ed ecosistemi martoriati.
In 18 mesi in Ucraina sono state emesse 77 milioni di tonnellate di CO2 eq, , che raddoppiano a 150 milioni di tonnellate se si conta anche il peso della ricostruzione del Paese

Kakhovka Hydroelectric Power Plant - UNCG
Prima della guerra
Kakhovka Hydroelectric Power Plant damaged 1 - UNCG
Dopo l'attacco russo
Kakhovka Hydroelectric Power Plant damaged 2 - UNCG
I resti della diga di Kakhovka sul Dnepr

“Guerra Infinita Guerra Ecologica”

di Massimo Zucchetti, Edizioni Jaca Book

(estratto dalla prima edizione italiana, aprile 2003)
Massimo Zucchetti, Prof. ordinario presso il Politecnico di Torino
Membro del Comitato Scienziate e Scienziati contro la guerra – www.scienzaepace.it

La devastazione del territorio nemico e la strage della popolazione civile non esistono più o anzi, ci sono ma sono i deprecabili “effetti collaterali”, che i “buoni” sono costretti a commettere nella nobile caccia al cattivo di turno: Saddam Hussein, Milosevich, i Talebani, Bin Laden, ecc.

Per quanto riguarda lo scenario futuro crediamo che questo meccanismo sia ben congegnato e che verrà usato ancora per molti anni.

Vedremo molte altre mosse di questa gigantesca partita di risiko il cui tavoliere è purtroppo il mondo non cui viviamo.

Nel frattempo, si può però individuare un ulteriore possibile scenario guerresco, ancor più sofisticato e sul quale faremo soltanto un cenno qui, per riprenderlo in dettaglio nel capitolo conclusivo: la guerra dell’inquinamento.
Gli effetti sul mondo intero delle emissioni inquinanti da parte delle nazioni industrializzate sono sempre più visibili (p.25).

Nel sistema politico in cui viviamo, basato sulla sopraffazione e non sulla cooperazione, la guerra viene intesa come evento normale, abbastanza accettato da una gran parte dell’opinione pubblica, quasi un modo di essere e di agire onnipresente, adatto per regolare i rapporti politici.

Gli effetti ambientali, nelle guerre di qualche decennio fa, erano più facilmente riassorbibili e meno evidenti.

Da qualche tempo, invece, gli apparati di dominio economico e militare stanno conducendo guerre in cui vengono sperimentati altri metodi di sterminio che non sono quello immediato e diretto (p.27).

Ad esempio, possiamo anche considerare come guerra l’introduzione in un Paese di organismi geneticamente modificati (OGM) perché si obbligano i riceventi a sottostare ai ricatti delle multinazionali per poterli impiegare in quanto non replicabili e sotto brevetto, mettendo in crisi intere popolazioni che si basavano sui frutti della terra replicabili di anno in anno (semi) fornendo un’agricoltura di sostentamento sin da ere primordiali (p.28).

Le attività militari fuori dal computo delle emissioni

Ormai è arcinoto che le attività umane anche a livello locale hanno ripercussioni a livello globale: cambiamento climatico, inquinamento dell’aria e dell’acqua sono tutti effetti che nascono proprio dalle azioni umane a origine locale: la singola automobile, la singola fabbrica, la singola lavorazione hanno ripercussioni a livello planetario.

Guarda caso, nel computo delle emissioni di gas, vengono accuratamente tenute fuori le attività militari, sulle quali non si sa nulla.

Il Protocollo di Montreal (primo gennaio 1989), primo trattato internazionale ratificato da tutti i Paesi del mondo sulla protezione della fascia di ozono, ha messo al bando determinate sostanze che causano la sua distruzione.

Invece le operazioni militari possono essere condotte senza limiti (i Governi non sono soggetti a vincoli di misurazione e di comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra).

Durante l’aggressione alla Jugoslavia è stato bruciato più o meno il 7% di tutto il combustibile mondiale pari a consumo dell’intero parco automobilistico italiano di sei mesi.

Come valutare l’intero ciclo degli effetti della guerra

Il rilascio di sostanze chimiche più disparate in atmosfera è una vera e propria bomba a orologeria pronta a scoppiare, sommata alle altre esistenti.

Per valutare le conseguenze di una guerra bisognerebbe considerare l’intero ciclo degli effetti che potrebbe essere diviso in tre parti:

  1. Lo sfruttamento di risorse naturali – magari dello stesso paese che si vuole distruggere, vedi il petrolio iracheno – necessarie perla fabbricazione delle armi e di tutto quello che è necessario per sostenere un esercito in movimento: aerei, navi, carri armati, ecc. Tutto questo ha dei costi pesantissimi dal punto di vista ambientale ancor prima dell’uso in campo di battaglia e gli effetti ricadono su tutto il pianeta.

  2. Le perdite di vite umane, la distruzione della flora e della fauna, di case, scuole, ospedali, porti, strade, degli impianti di produzione di energia, cibo, ecc.

  3. La consistenza delle contaminazioni da inquinanti nell’ambiente, la radioattività residua, la permanenza e la necessità di rintracciare le mine e i residuati di bombe a grappolo e bombe inesplose, la decontaminazione dell’ambiente, la ricostruzione, i costi sociali,l’imbarbarimento della società e delle condizioni di vita.

Durante una di queste “guerre chirurgiche” sia la Jugoslavia, l’Iraq o l’Afghanistan (e ai giorni nostri, i bombardamenti sull’Ucraina e sulla Palestina, ndr.) viene emessa una tale quantità di sostanze chimiche, radioattive, tossiche (ossido di carbonio, anidride carbonica, ossidi di azoto, cloro e suoi composti, e cfc. (p.34) che stanno facendo il giro del mondo.

A causa della loro dimensione microscopica, hanno tempi di permanenza in atmosfera molto prolungati e sono in grado di fare il giro del globo in 20 giorni.

Non è certo un mistero il ritrovamento di orsi polari contaminati con il PCB prodotto dallo stabilimento Monsanto a St. Louis negli USA.
Stesso discorso per la dispersione dei gas.

Le guerre non dichiarate

(pag. 239, dalle conclusioni dell’autore)

Qui prodest? Questo capitolo svela i reali effetti immediati e futuri della “guerra non dichiarata” per la quale vengono combattute, cioè la bomba ecologica delle emissioni inquinanti dei paesi industrializzati.

I modelli predittivi per il clima del pianeta Terra forniscono stime per il secolo fino al 2100, con una certa incertezza dovuta al cambiamento degli scenari (es. emissione inquinanti dovuti alle guerre).

Secondo il principio di precauzione, per non vedere almeno peggiorare l’effetto serra, è necessario ridurre pesantemente l’emissione dei gas-serra.
Ad esempio, per la CO2, sarebbe necessaria la riduzione delle emissioni antropiche a livelli inferiori al 1990 (pag.245).

È importante quindi che i provvedimenti sulle riduzioni delle emissioni antropiche siano presi e ottemperati il più velocemente possibile: quando una nave assai pesante è lanciata con discreta velocità verso una scogliera, occorre iniziare a fare “marcia indietro il prima possibile”, per poterla fermare in tempo.

Nave affondata - foto di Marko Kelecevic

Per ora, purtroppo, chi è al governo della nave – cioè del mondo – sta ulteriormente forzando le macchine in avanti.

L’atto di guerra è anche la guerra dell’inquinamento. Siamo noi – cittadini del mondo occidentale – a compiere questo atto di guerra contro il mondo intero tutti i giorni portando avanti un consumo scriteriato di risorse che il mondo ha impiegati milioni di anni a produrre.

Il protocollo di Kyoto è un piccolo, primo, timido, insufficiente tentativo per andare nella giusta direzione.
I meno miopi tra gli Stati occidentali hanno capito che possono rimanere ancora abbastanza ricchi, ma vivi cioè non in un ambiente ucciso, apportando emendamenti abbastanza sopportabili al loro modello di vita.

L’autore chiude con parole molto dure ma molto vere:

gli scopi delle nuove guerre non sono quelli nobili della civiltà o della democrazia bensì il mantenimento e l’espansione del mondo occidentale e dei suoi standard di vita.
Di ciò tutti noi siamo responsabili
”.

VIETNAM, Agente Orange (1962/1971).
Per anni dopo la fine della guerra ai veterani fu detto che assolutamente non c’erano connessioni tra l’esposizione all’agente Orange e i problemi sanitari che i veterani stavano mostrando.

L’agente Orange è una miscela di acido triclorofenossiacetico, acido diclorofenossiacetico, tracce di una terribile diossina, la TCDD tetraclorodibenzoparadiossina.

Tra le conseguenze dell’esposizione all’agente Orange, oltre a tumori, problemi alla pelle e al fegato, anche malformazioni genetiche, deformità, nascite premature.

La stessa Monsanto di St. Louis, produttrice dell’agente Orange, è stata messa sotto processo dai suoi stessi dipendenti, come pure altre industrie chimiche, poi condannate nel 1984 con un indennizzo di quasi 100 milioni di dollari. (p.35/36).

La guerra del Vietnam ha visto un assalto senza precedenti all’ambiente.
30 anni fa fu coniato il termine ecocidio. Le foreste sono state il settore maggiormente colpito dal punto di vista ecologico.
La loro distruzione ha impoverito il suolo facilitandone erosione e alluvioni, ha facilitato la perdita dei nutrienti nei terreni.
La presenza di sostanze chimiche ha avuto inoltre effetti devastanti sulla produzione agricola e sulla pesca.

È chiaro anche che la maggior parte degli effetti sulla salute sono effetti ritardati (p.37/38).

Sono considerate armi chimiche tutte le sostanze chimiche aggressive e i mezzi usati o predisposti per consentirne l’impiego militare (ordigni), o contro l’ambiente, che possiedono la proprietà di provocare negli uomini, nel mondo animale e vegetale, lesioni di diversa natura.
A seconda della velocità dell’effetto, possono provocare effetti immediati (dopo pochi secondi) oppure differiti, dopo un certi tempo dall’esposizione.

  • Gli aggressivi nervini (così chiamati perché agiscono sul sistema nervoso) o neurotossici hanno effetti sulla trasmissione degli impulsi nel sistema nervoso provocando la morte per arresto cardiaco-respiratorio.

  • Gli aggressivi vescicanti sono liquidi o gassosi persistenti. Attaccano gli occhi e la pelle provocando vescicazioni che poi si espandono con effetti tossici a carico di tutti gli organi. Il solfuro, noto fin dal 1886, è il più terribile aggressivo vescicante. La sua insolubilità in acqua fa sì che un acquazzone possa trasportarlo, infettando ricoveri, cibi, indumenti e oggetti (pag.84,85).

Uranio impoverito (DU).
Purtroppo, come si sa, tra i soldati anche italiani, che hanno partecipato alla guerra, sono stati riscontrati casi di leucemia ed altri tumori quali il linfoma di Hodgkin
(p.129).

La profondità a cui il DU penetra nei terreni allo stato micronizzato è relativamente scarsa – circa 30 cm – per cui le particelle possono venir risollevate dal punto di deposito al passaggio di qualsiasi persona o mezzo di trasporto dando luogo alla cosiddetta risospensione, situazione anche più pericolosa del rilascio iniziale (p.131).

Più la particella di DU è piccola, più è efficiente nel somministrare una dose radiologica al soggetto esposto che l’abbia inalata o ingerita.
L’Uranio che rimane insolubile, se depositato nei bronchi emette particelle alfa che colpiscono le cellule basali;
infatti i polmoni sono gli organi che risultano più irradiati per esposizione interna da inalazione.

Il rischio è quello del cancro dovuto agli effetti stocastici ritardati della dose interna ricevuta (p.133).
Il rene è ritenuto l’organo-bersaglio principale del’azione tossico-chimica dei suoi composti solubili dell’Uranio.
Durante un avvelenamento acuto da Uranio si possono osservare lesioni o emorragie renali e mutazioni delle cellule del fegato (p.137).

Frammenti o particelle di Uranio entrate ne corpo possono provocare gravi patologie anni o decenni dopo l’esposizione:
danni al fegato o ai reni, immuno-depressione, cancro alle ossa, ai polmoni e ad altri organi, leucemia, anemia, danni genetici, sterilità e difetti neonatali (p.150).

Jugoslavia, Guerra nei Balcani (da pag. 163 a pag. 186).
I principali obiettivi non furono solo le installazioni militari ma anche impianti industriali, centrali energetiche, impianti per la produzione di fertilizzanti, industrie petrolchimiche, ecc., comportando il rilascio di molti inquinanti chimici, fumi tossici e particelle aeriformi inquinanti rilasciando cloruro di vinile, mercurio e composti, ammoniaca, diossine, metalli pesanti.

Aria, acque e suolo sono stati pesantemente inquinati. L’inquinamento ha raggiunto anche altre nazioni confinanti. L’incendio dei prodotti petroliferi durante la guerra ha rilasciato nell’aria anidride solforosa, ossido d’azoto, monossido di carbonio, piombo.

Peggioramenti indotti nel benessere di una nazione si rifletteranno immediatamente sull’attenzione all’ambiente e quindi negativamente sull’ambiente stesso. Il raccolto estivo reso inutilizzabile dalle deposizioni di ceneri acide e tossiche.

Anche la natura ha avuto la sua razione di bombe.
La Jugoslavia era uno dei Paesi con la più alta biodiversità di tutta Europa.
Il parco nazionale di Fruska Gora, il più grande parco nazionale della Jugoslavia, è stato crivellato di bombe perché ospitava al suo interno un ripetitore televisivo e gli studi della TV di Novi Sad che trasmetteva in sette lingue.
Ci vorranno migliaia di anni per ricostruire lo strato di 20 cm di humus distrutto dalle bombe e moltissime specie rare sono probabilmente andate distrutte.

Nella popolazione della Sarajevo serba si sono riscontrate intere famiglie con segni di neoplasie.
I dottori dell’ospedale per bambini dell’Università di Belgrado possono testimoniare un raddoppio di bambini con problemi di asma, polmoniti, malattie respiratorie, bronchiti croniche e allergie.

Save The Children (www.savethechilden.it) 22 febbraio 2024
Gaza, Ucraina, Siria, Yemen, Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Sudan. Sono solo alcuni dei diversi Paesi del mondo interessati da conflitti e guerre.
Alcuni di loro, da quando sono nati, non hanno conosciuto altro che violenze e campi profughi.
Lo scorso anno si è registrata una media di 22 minori al giorno mutilati, i bambini che rimangono feriti hanno bisogno di cure mediche specifiche e immediate.
L’esposizione a eventi violenti e l’assenza di tregua azzerano le speranze. l’impatto psicologico è devastante: depressione, ansia, atti di autolesionismo, tendenze suicide.

La Repubblica (www.repubblica.it) 3 gennaio 2024
I dati sconvolgenti dell’Unicef sui bambini: un numero mai registrato prima.
400 milioni di bambini coinvolti in aree di crisi nel 2023.
Conflitti, inondazioni, crisi climatica, un’ondata di combattimenti hanno coinvolto diverse zone del globo: Azerbaigian e Armenia, Etiopia nella regione del Tigray, Myammar, tanto per citarne solo alcune.

Emergency (www.emergency.it) – Le relazioni tra guerra e crisi climatica ed ecologica (6 maggio 2022).
Dalla relazione di Roberto Mezzalama, esperto ambientale, quando si combatte si usano esplosivi e questi rilasciano, nel corso dell’esplosione e degli incendi, gas a effetto serra, inquinanti organici, inorganici.
Si polverizzano metalli, inclusi, metalli pesanti.
È anche il caso di Uranio impoverito.
Si sterilizza il suolo perché le esplosioni causano temperature elevatissime e quindi si sterilizza il suolo e si uccidono milioni di animali.

Si è stimato che durante i conflitti in Asia e in Africa fino al 90% dei vertebrati terrestri vengano uccisi direttamente dalle attività belliche e poi anche indirettamente, perché in genere i soldati si dedicano anche alla caccia.
Insomma, ogni tanto da quelle parti restano anche senza vivere e quindi questo è successo in modo ampio.

 

Medico e Paziente (www.medicoepaziente.it) guerra e salute, 8 maggio 2023.
I conflitti in atto in diverse pari del mondo stanno causando la ripresa di focolai epidemici di poliomielite, colera, epatite.
Il peso delle guerre sulla salute globale va molto al di là delle vittime e dei danni causati dai combattimenti .
Se ne è parlato al 56° Congresso Nazionale della Società italiana di Igiene, Medicina Preventiva conclusosi da poco a Roma.
Le guerre sono spesso legate alla lotta per il controllo delle risorse naturali e colpiscono comunità che già si trovano in situazioni di sofferenza a causa dei cambiamenti climatici.

 

Good Town, Sabrina Lorenzoni (EcoBiologa), 18 marzo 2022
Il primo pensiero va giustamente alla sofferenza delle persone ma è bene sapere che tra gli impatti devastanti ci sono anche quelli sull’ambiente, sull’ecosistema naturale che non finiscono con il cessate il fuoco.
Ogni guerra provoca danni all’uomo e all’ambiente.
Parlare dell’impatto ambientale di una guerra non è facile, pensando alle persone che hanno perso la vita, ai feriti, ai malati, ai rifugiati, ma è un ulteriore grave costo da sostenere a breve e lungo termine.
La guerra ha un forte impatto immediato sull’ambiente e sulla natura, oltre a effetti che si vedranno a medio e lungo termine.
Ma non occorre arrivare alla guerra: la costruzione, l’utilizzo e la movimentazione di interi apparati militari in tempi di pace causa gravi danni all’ambiente a livello ecologico.

I conflitti armati provocano danni diretti all’ambiente.
Il movimento e l’utilizzo di mezzi militari distrugge interi habitat ed ecosistemi che non potranno più essere ripristinati.
Non solo coltivazioni e campi, prati e zone boschive con piante e animali vengono distrutti in caso di conflitto armato e di movimento di truppe militari, insieme a fiumi, laghi, mari e oceani.
La regione del Donbass, coinvolta nel recente conflitto armato, è già al centro di una catastrofe ambientale iniziata nel 2014.
Si stima che sono stati distrutti oltre 500.000 ettari di ecosistemi e 150.000 ettari di foreste.

Uno dei principali impatti ambientali della guerra è l’aumento dell’inquinamento dell’aria e del suolo.
Le polveri sottili aumentano in atmosfera e le macerie accumulate al suolo spesso contengono molte sostanze acide o tossiche.
A questo inquinamento se ne aggiunge un altro: l’inquinamento delle acque.
Nel medio e lungo termine le sostanze e i metalli accumulati al suolo passano nella falda acquifera e inquinano le acque che diventano non potabili.
I metalli e le terre rare che le armi contengono sono costati in termini economici e sociali per la loro estrazione.
Il loro ciclo di vita come prodotto non si chiude: restano nell’ambiente invece di essere smaltiti correttamente.
Senza contare che l’inquinamento di aria, acqua e suolo crea numerosi danni alla salute umana e a quella di animali e piante.
Tra gli impatti più pesanti che la guerra ha sull’ambiente vi è l’aumento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera.
La guerra in Ucraina ci allontana dalla giustizia ma anche dagli obiettivi climatici.

 

Il Fatto Quotidiano (www.ilfattoquotidiano.it) 9 gennaio 2024.
Gaza, oltre alla tragedia umana il disastro ambientale.
In due mesi di guerra si stima che siano state emesse emissioni inquinanti equivalenti a 281.000 tonnellate di CO2, per il 99% riconducibili ai raid israeliani, superando così le emissioni annue di una ventina di Paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici (da uno studio del quotidiano inglese “The Guardian”).
La ricerca spiega che si tratta di stime estremamente conservative da cui sono escluse alcune voci di difficile calcolo, ad esempio le emissioni di gas metano.